• SCUOLA ANNO SABBATICO – Apre la sede in Toscana

      Ci si può dedicare completamente ad un anno sabbatico e al contempo prosperare e generare ricchezza? La risposta è si! Ho cominciato la mia vita sabbatica a 40 anni. [...]

  • Principio base: Talento meridiano

    Siamo mediterranei. Ecco il nostro talento.

  • 1° Principio: Rinascere

    Nessuno di noi potrà essere agente del Rinascimento che stiamo sognando se prima non avrà sperimentato un rinascimento interiore.

  • 2° Principio: Comunicare per costruire

    Saper comunicare ci renderà liberi. Sarà possibile pensare e realizzare insieme un futuro migliore, un mondo migliore.

  • 3° Principio: Fare insieme ed energia cooperativa

    L’umanità oggi può evolversi nella misura in cui apprende le dinamiche e le opportunità della cooperazione.

  • 4° Principio: Creare

    Creatività ed innovazione si ispirano a nuovi concetti di bellezza come espressione di sostenibilità, bene comune, armonia con la vita naturale e legami con il territorio.

  • 5° Principio: Mestiere, talento e vocazione autentica

    Le arti del Sud e del Mediterraneo si elevano ad opera e pensiero eccelso.

  • 6° Principio: Nel Tempo naturale

    Il giusto rapporto tra tempo individuale e tempo naturale è il presupposto per incardinare un nuovo paradigma rinascimentale e di seguito un tempo sociale equamente diversificato.

  • 7° Principio: La vita nei luoghi pubblici

    La felicità e libertà autentiche rinascono nella condivisione della bellezza dei luoghi pubblici.

  • 8° Principio: L’Educazione

    Maestro e discepolo rigenerano i saperi, condividendo esperienza ed esplorazione, conoscenza e visione, tradizione e innovazione.

  • 9° Principio: L’Economia Naturale

    Economia ed Ecologia sono dunque due facce della stessa medaglia. L'unica economia possibile è quella naturale, reale e vivente.

  • 10° Principio: L’impresa autentica e collettiva.

    Le imprese, i prodotti e gli imprenditori avranno credibilità e futuro se saranno piantati su un terreno culturale autentico.

  • 11° Principio: Carisma Collettivo.

    Il nuovo rinascimento è caratterizzato da nuove forme di guida e orientamento, nuove arti di governo.

TRADIZIONE

Tradizióne s. f. [dal latino traditio -onis, propr. «consegna, trasmissione», derivazione di tradĕre «consegnare». Nel suo significato etimologico, è voce dell’uso giuridico, indicante la consegna di una cosa mobile o immobile, che ha per effetto il trasferimento del possesso della cosa, soprattutto con riferimento al diritto romano (più frequente in senso storico la forma latina traditio). Dal campo giuridico il concetto ha in seguito visto estendere la propria portata fino a comprendere ogni forma di trasmissione di valori, norme, credenze, stili, atteggiamenti e comportamenti, che avviene tra individui o gruppi appartenenti a generazioni posteriori. La tradizione scritta è trasmissione nel tempo di documenti e opere che tramandano memorie, notizie, testimonianze. La tradizione è orale quando le memorie si conservano grazie al racconto. In etnologia, si definisce tradizione, orale l’insieme delle testimonianze del passato – racconti storici, miti, poesie, formule sacre, ecc. – trasmesse di bocca in bocca, di generazione in generazione.
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La parola tradizione deriva dal latino traditio. Nel diritto successorio romano, traditio indica la trasmissione di un bene, mobile o immobile, dalla mano di un soggetto che lo dà alla mano di un soggetto che lo riceve. In questo senso, ad esempio, il testamento può essere considerato una forma di traditio, in quanto esprime la volontà di trasmettere qualcosa (materiale o immateriale) da un soggetto a un altro. Un’altra istituzione del diritto romano connessa alla tradizione è il deposito, ossia la presa in consegna di una cosa (in genere mobile) la cui proprietà non viene trasmessa in modo definitivo, ma dalla quale nasce l’obbligo della cura da parte di chi la riceve in consegna o in affidamento, affinché essa mantenga nel tempo la sua integrità e possa essere riconsegnata successivamente al legittimo proprietario ovvero ai suoi eredi ( Assman, 1997).
Dal campo giuridico il concetto ha in seguito visto estendere la propria portata fino a comprendere ogni forma di trasmissione di valori, norme, credenze, stili, atteggiamenti e comportamenti, che avviene tra individui o gruppi che normalmente appartengono a generazioni successive. Cicerone parla di tradizione come “consegna”, mentre per Quintiliano il termine equivale a “insegnamento” e Tacito definisce la tradizione come “narrazione”. La tradizione indica quindi qualcosa che passa di mano in mano nel corso del tempo e nel passaggio mantiene almeno un certo grado di invarianza. L’idea di tradizione da un lato è apparentata, ma da un altro lato si contrappone all’idea di moda. È apparentata perché anche la moda, come la tradizione, indica qualcosa che si diffonde per trasmissione e, passando di mano in mano, si replica e riproduce. Per altri versi, invece, la moda è la negazione dell’idea di tradizione, in quanto indica tutto ciò che è soggetto a un flusso incessante di mutamento. Una moda che non cambia non è una moda, mentre la tradizione non è tale se non conserva almeno un nucleo minimo che non varia nel tempo. Le mode, inoltre, si trasmettono di norma orizzontalmente e non verticalmente di generazione in generazione e, più che trasmettersi, si diffondono per il fatto che dipendono dalla volontà di chi le recepisce piuttosto che di chi le trasmette.
Strettamente connesso al concetto di tradizione, tanto da essere spesso usato come suo sinonimo, è invece quello di memoria sociale, nel senso che le tradizioni fanno parte della memoria sociale e ne costituiscono la componente più espressamente normativa. L’uso moderno del concetto di tradizione è caratterizzato da un’ambivalenza fondamentale. Nella cultura moderna, infatti, l’idea di tradizione è caricata di connotazioni di natura ideologica sia negative che positive, che ora la condannano come peso di cui liberarsi, ora la esaltano come patrimonio da conservare gelosamente. Il concetto di tradizione nasce in concomitanza ed è strettamente associato al concetto illuministico di progresso. Le forze della tradizione sono infatti quelle che resistono e si oppongono all’avanzata del progresso, sono alleate della conservazione e contribuiscono a mantenere gli esseri umani in uno stato di oscurità che li rende vittime della superstizione. L’equiparazione fra tradizione e superstizione, viene invece esplicitamente ribaltata nella reazione antilluministica e antirazionalistica della cultura romantica. A questa rivalutazione della tradizione contribuiscono in modo decisivo due elementi che, pur tra loro collegati, devono essere tenuti distinti: da un lato il pensiero conservatore, che aspira a ripristinare l’ordine sociale e morale infranto dalla Rivoluzione francese, dall’altro lato l’affermarsi sulla scena della storia dell’idea di nazione intesa come soggetto collettivo. Le società, sono il risultato della sedimentazione di tradizioni che la storia ha depositato nel corso del tempo. Non si possono stabilire leggi astratte di validità universale, in quanto le tradizioni sono sempre storicamente specifiche e ogni società rappresenta un organismo particolare plasmato dalle proprie tradizioni. La tradizione quindi, porta in sé una forte connotazione ideologica.
In antropologia culturale il concetto di tradizione viene usato frequentemente quasi come sinonimo di cultura e, infatti, una delle caratteristiche che definiscono la cultura è quella di essere trasmessa di generazione in generazione. Trasmissione tuttavia non vuol dire necessariamente replica e riproduzione. In Italia si designa col termine ‘storia delle tradizioni popolari’ lo studio del folklore e, in genere, della cultura delle classi popolari con particolare riferimento alle società contadine, alle loro pratiche rituali, alle feste, alle fiabe, ai giochi, alle credenze e ai proverbi.
Anche in sociologia il termine tradizione viene usato il più delle volte nella sua accezione generica di insieme dei comportamenti, atteggiamenti e credenze che vengono tramandati nel tempo di generazione in generazione. Nella prospettiva della teoria dell’azione, possiamo assumere che l’agire è tradizionale se l’attore adotta un modello applicato in passato da almeno una generazione precedente e trasmessogli attraverso un processo di socializzazione e apprendimento. Anche in società come quelle occidentali moderne, dove da un paio di secoli le innovazioni si succedono a ritmi sempre più accelerati, il ‘nuovo’ costituisce una porzione relativamente ridotta dell’intero patrimonio culturale. Se ciò non fosse, vorrebbe dire che ogni generazione sarebbe costretta a partire ogni volta da zero, a rifare le esperienze di tutte le generazioni precedenti e quindi a restare a uno stadio sostanzialmente primitivo. Invece, nel corso del processo di socializzazione l’essere umano percorre a tappe accelerate l’intero processo di evoluzione della specie, e apprende una parte cospicua della cultura della società nella quale è nato.
Il concetto di tradizione, tuttavia, non può coprire l’intero lascito del passato. La parte di gran lunga prevalente del lascito del passato si è infatti trasformata in abitudini, intendendo per abitudine un modello di comportamento (nel quale sono presenti componenti cognitive e normative) che non richiede un processo riflessivo di elaborazione per essere trasformato in azione. Anche se sfumato, il confine tra tradizioni e abitudini non deve essere ignorato. Ma per fare in modo che il concetto di tradizione risulti utile sul piano dell’analisi è necessario operare una netta distinzione con quanto viene normalmente rubricato sotto il concetto di abitudine. Una proposta potrebbe essere quella di escludere dal concetto di tradizione tutto ciò che viene trasmesso di generazione in generazione senza che ci si interroghi sul suo contenuto in termini di valore, come avviene appunto nel caso delle abitudini. Si potrebbe dire che si tratta della parte invisibile della cultura, la parte che abbiamo senza sapere di averla. Se si esclude dall’ambito semantico del concetto di tradizione tutto quanto è rubricabile come abitudine, allora la tradizione è definibile come quella parte della cultura che viene trasmessa intenzionalmente e consapevolmente di generazione in generazione. Molti tratti culturali si estinguono naturalmente col tempo senza che nessuno se ne accorga. Come gli individui, anche le società sono dotate della capacità di dimenticare, ed è bene che sia così, perché senza oblio non vi sarebbe neppure memoria.
Se da un lato, quindi, vi sono tratti culturali che si estinguono, dall’altro lato però ve ne sono molti altri che vengono conservati, perché la loro eventuale perdita viene avvertita e valutata come irrimediabile. I tratti culturali in questione sono considerati come dotati di valore. La minaccia della perdita è infatti uno dei fattori che agiscono trasformando questi tratti culturali in tradizioni. Alla base di ogni tradizione vi è quindi un’attribuzione di valore a qualche tratto tramandato dal passato. Il linguaggio comune è un rivelatore efficace della presenza o meno di una tradizione. Una tradizione, pertanto, emerge quando qualcosa diventa oggetto di una attribuzione di valore, e si realizzano azioni consapevoli per tutelare tale valore e assicurarne la trasmissione a futura memoria. Spesso la genesi di una tradizione avviene in un contesto conflittuale che vede i suoi difensori opposti agli ‘innovatori’. Anche quando prevalgono questi ultimi, tuttavia, una tradizione non si estingue finché c’è qualcuno disposto a impegnarsi per la sua sopravvivenza.
Alla luce di queste considerazioni, tradizione e modernità non si escludono reciprocamente. Non è necessario assumere che laddove regna la tradizione sia bloccata la strada verso la modernità. Una società, così come un singolo individuo o gruppo, possono essere contemporaneamente tradizionali e moderni. Nel confronto tra tradizione e innovazione, l’innovazione si definisce come ‘modo nuovo’ di fare qualcosa, contrapposto a un ‘modo tradizionale’. Eppure l’innovazione presuppone la tradizione: un’azione, un artefatto, un’idea sono innovativi sempre e soltanto in relazione a qualcosa di tradizionale. Senza tradizione non vi sarebbe neppure innovazione.
D’altronde, come afferma l’Accademia del Rinascimento, il vero cambiamento è imposto dal bisogno dell’umanità di tornare all’autentico, al vero e questo ha a che fare non solo con i prodotti, le tradizioni, la cultura, le storie, ma soprattutto con i rapporti umani reali diretti, semplici e sinceri. Quei rapporti che possono restituire dignità e forza alla famiglia, alle comunità di vicinato e agli ambienti di lavoro.
Sappiamo che l’identità degli individui è ancorata al loro passato. Senza la memoria gli esseri umani non sarebbero in grado di riconoscersi, di dire chi sono, poiché non sarebbero in grado di scorgere la persistenza al di là delle metamorfosi che il loro corpo e la loro mente hanno subito nel tempo. Anche le collettività, per esistere come entità riconoscibili a se stesse e agli altri, hanno bisogno di memoria. Le tradizioni formano il contenuto della memoria collettiva. Anzi, si può dire che una collettività si forma e acquista consapevolezza della propria esistenza quando i suoi membri riconoscono di avere delle tradizioni in comune. La famiglia mediterranea ha saputo difendersi meglio dalle spinte centrifughe che creano separazione, grazie a quell’importante caratteristica del dialogo interfamiliare. La comunicazione interpersonale costante è una tradizione mediterranea che porta con se benefici inaspettati. La forma tipica di comunicazione, in questo caso è proprio quella del racconto (tradizione orale). “La capacità di racconto e la vocazione nel tramandare, di generazione in generazione i valori familiari, costituiscono due specificità mediterranee molto precise ed apprezzate. È su questa base cognitiva e culturale che la famiglia mediterranea ha potuto conservare la propria centralità nell’esistenza delle persone”. Il raccontare storie e tramandare le tradizioni, nel bacino mediterraneo è una peculiarità prevalentemente femminile. La donna mediterranea, nelle mura familiari, è molto loquace e conviviale. Per questo il flusso della memoria antica e recente viene stimolato di continuo, garantendo una comunicazione costante tra le generazioni della famiglia. Le storie dei nonni e dei padri si intrecciano costantemente con il presente ed il futuro dei giovani. È con questo potere del dialogo familiare che la donna intesse e rafforza di fatto un matriarcato tra le sue mura domestiche, rimettendo così in equilibrio la struttura tipicamente patriarcale che si esprime, invece, prevalentemente nei rapporti con l’esterno. Mantenere viva la tradizione come filo conduttore tra radici territoriali ed affettive, è la via migliore per navigare verso prospettive di felicità. In quell’andare lento, tipicamente Mediterraneo, dove il “tempo” si trasforma in luogo di accoglienza e la stratificazione delle tradizioni sociali e culturali, diventa patria antica a cui fare ritorno, forte delle sue robuste radici.

Reference: Tradizione

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